Antonella Piroli
Paradise Enow
a performance created by Antonella Piroli
inspired by Happy days by Samuel Beckett
PARADISE ENOW
“Quante volte mi sono detta, nelle ore più tragiche, canta ora, Winnie, canta la tua canzone, non c’è altro da fare, e non lo facevo. Non potevo farlo.”
Ho immaginato che Winnie, cantasse la sua canzone. L’incessante parlare con cui copre, tumula, come il mucchietto di terra che la avvinghia, la sua infelicità, non ha più abbastanza forza per trattenere il suo canto dove sono lucidamente ammessi il dolore e la solitudine. E’ ancora protagonista la parola, ma è più asciutta e più lirica, come mi hanno suggerito gli ultimi scritti di Beckett.
Piedi e gambe: blocco unico\inghiottito dalla terra\che mi inghiotte\che mi entra\il fango invade tutto\mi impasta, mi sotterra\mi avvolge i genitali – che quasi non li sento –\insabbia e ingloba il cuore –che grigio batte lento–\s’innerva nel cervello\s’intreccia tra i capelli\e fa di me tutt’uno\un blocco fermo, immobile:\corpo minuto, ma duro e ben saldato\son forti le radici\tenaci s’insinuano qui dentro\e fanno un gran groviglio\qui sotto nel mio petto.
E’ tutto fermo, immobile\come lo sguardo fisso\che vaga non so dove\con gli occhi con i crampi\che cercano lontano\portatemi qualcosa!\non trovano un bel niente\c’è quel che è sempre stato\… ci sono solo io\quella dell’altro giorno\uguale a quello prima.
Son stanca di guardarmi\sfinita di ascoltarmi\vorrei sparire, dileguarmi\ma poi so che non posso\sciogliermi via di dosso\‘sta terra che mi ingroppa\caparbia, resistente\vorrei farla fluente\e infine così lenta\che faccia un grande fiume\che può lavarmi via,\farmi mare nella testa\farmi involare tutto\quel che affolla la mia mente.
E invece sono fissa\immobile, invariabile\aspetto fresca pioggia\ma invano la reclamo\da questo cielo grigio –serrato, latulento–\che sempre più s’abbassa\reclina sulla testa\ma mai e poi mai si sfoga\mi schiaccia tra la terra.\
Il solo sgocciolio\è quello dei miei occhi\producon crasse lacrime\che vanno a fare gruma\assieme alla fanghiglia.
E sono fantoccino\piantato ed interrito\le logore mie dita\ridotte quasi all’osso\sfarfallano la terra\sperimentando un varco\nell’indurita fossa\per poi poterne uscire\ma inutili si fermano…\non ho più un fil di forza\se non per blaterare\queste parole vuote\piene di luce bianca\che mi scolora tutta\mi acceca le pupille\che guardano sfocate\le stelle ormai lontane\che il cielo più non regge\precipitano affrante\e io che qui impietrita\non ho più un desiderio\da volgere, da esprimere\alla cascata greve.
Non ho più desideri?\Non ho proprio più niente\se chiudo questi occhi\nemmeno dei ricordi\è vero… non ho nulla\son cava, vuota, sgombra\mi riempie solo il fango\che sempre più m’inzeppa.
Ho solo delle immagini - visioni di demente -\chissà da dove nascono…\mi vengono e poi basta\che siano strategie?\piccoli e meschini trucchi\perché sono atterrita\dal non poter amare?\Ma qualche volta vengono\… e allora vieni! amore\dovunque tu ti trovi\rivelami il tuo nome\sii nuovamente un nome!
Amore, dove sei?\Ci sei ancora… lì?\Ci sono solo io\c’è solo un non rumore\prodotto dalla lingua\che si rigira il fango\che stagna nella bocca.